La costante inerzia dei commercialisti sul tema del valore della propria professione, e ancor più sull’effettivo ruolo della stessa, ha portato la categoria, dopo anni di silenziosa accettazione di qualunque decreto, sentenza, fatto o notizia, a una situazione nella quale la fotografia cambia secondo chi la guarda.
La nostra categoria, che più di altre si occupa di tematiche di natura fiscale, è stata svilita ed è oggi poco considerata dai media e dalla nostra società.
È diventato ormai improcrastinabile riappropriarsi della corretta immagine che l’ordine dovrebbe avere agli occhi di tutti. E non basta dichiarare di essere utili per risolvere il problema.
Si è creata una distorta visione poliedrica nella quale l’Agenzia delle Entrate ritiene che il commercialista sia semplicemente un intermediario tenuto a svolgere un lavoro gratuito per suo conto, un soggetto che garantisca direttamente la bontà dei crediti vantati dai contribuenti e che trasmetta telematicamente tutto che ciò che è necessario per compiere i controlli automatizzati:
Le Commissioni Tributarie Provinciali sempre più spesso sposano le tesi dell’Agenzia senza minimamente considerare le ragioni del contribuente esposte dal commercialista che lo rappresenta, perché evidentemente non riconosce parità fra le parti, e in questo sono spesso supportate dalle norme che per esempio possono far diventare lo stesso termine da perentorio per il contribuente a ordinatorio per l’Agenzia;
il cliente, in un contesto economico sempre più in difficoltà e formato da aziende sempre più piccole, tende ad abbandonare il requisito fondamentale della fiducia nel professionista e si rivolge al commercialista in funzione della tariffa più conveniente come se fossimo diventati un supermercato nel quale comprare gli articoli in offerta;
i media, quando s’interessano di problemi fiscali intervistano escapologi e altre organizzazioni di categoria in qualità di esperti del settore senza minimamente accennare nel servizio che esiste una categoria principe, e meno ancora valutano di sentirci almeno per un contraddittorio.
Da questo quadro disarmante nel quale tutti hanno una visione distorta del ruolo e della dignità professionale del commercialista, emerge uno svilimento della professione che non è più tollerabile, e spetta agli iscritti fare in modo che questa situazione smetta prima di tutto di precipitare e, contemporaneamente, si pongano in essere le contromisure necessarie per il ripristino del giusto riconoscimento sociale e rispetto del valore della professione.